La Corte Costituzionale dichiara inammissibile il referendum sull’abrogazione parziale dell’art. 579 c.p.

La Corte costituzionale, chiamata a decidere, ai sensi dell’art. 75 Costituzione e dell’art. 2, L. Cost. 11 marzo 1953, n. 1 e come previsto dagli artt. 27 e 32 c. 2, L. 25 maggio 1970, n. 352, sull’ammissibilità del referendum popolare per deliberare l’abrogazione parziale dell’art. 579 c.p., che punisce il cd. “Omicidio del consenziente”, con comunicato del 15 febbraio 2022 e con sentenza del 02/03/2022, n. 50 ha ritenuto l’inammissibilità dello stesso.

Ciò in quanto, secondo i giudici, l’abrogazione parziale dell’art. 579 c.p., rendendo lecito l’omicidio di chiunque vi abbia prestato un valido consenso, priverebbe la vita della tutela minima costituzionale, sicché l’abrogazione di parti lessicali dell’articolo avrebbe reso penalmente lecita l’uccisione di una persona con il consenso della stessa al di fuori dei tre casi di “consenso invalido” previsti dal comma 3 dello stesso articolo 579, e cioè in caso di:
– consenso prestato da minori di 18 anni;
– consenso prestato da persone inferme di mente o affette da deficienza psichica, per un’altra infermità o per l’abuso di alcool o stupefacenti;
– consenso estorto con violenza, minaccia o suggestione o carpito con inganno.

In tal modo, ritengono i Giudici, la liceità della condotta lesiva del bene vita (omicidio), rischierebbe di non essere limitata ai casi nei quali la fine della vita è voluta dal consenziente prigioniero del suo corpo a causa di malattia irreversibile, di dolori e di condizioni psicofisiche non più tollerabili. Verrebbe in tal modo compromesso il livello minimo di tutela della vita umana richiesto dalla Costituzione in quanto si renderebbe lecito l’omicidio di chi vi abbia validamente consentito, a prescindere dai motivi, dalle forme, dalla qualità dell’autore del fatto e dai modi in cui la morte è provocata.
La Corte ha poi sottolineato che l’incriminazione dell’omicidio del consenziente ha lo scopo di proteggere il diritto alla vita, soprattutto – anche – delle persone più deboli e vulnerabili di fronte a scelte estreme, collegate a situazioni, anche solo momentanee, di difficoltà e sofferenza, o anche soltanto non sufficientemente meditate.
I Giudici precisano che quando viene in rilievo il bene “apicale” della vita umana «la libertà di autodeterminazione non può mai prevalere incondizionatamente sulle ragioni di tutela del medesimo bene, risultando, al contrario, sempre costituzionalmente necessario un bilanciamento che assicuri una sua tutela minima».
Prosegue la Corte «Le situazioni di vulnerabilità e debolezza non si esauriscono nella minore età, infermità di mente e deficienza psichica, ma possono connettersi, oltre che alle condizioni di salute, a fattori di varia natura (affettivi, familiari, sociali o economici), e d’altra parte «l’esigenza di tutela della vita umana contro la collaborazione da parte di terzi a scelte autodistruttive […], che possono risultare, comunque sia, non adeguatamente ponderate, va oltre la stessa categoria dei soggetti vulnerabili».

Se questo è l’orientamento della Corte costituzionale, dall’altro lato i promotori del referendum hanno sostenuto che l’abrogazione dell’art. 579 c.p., essendo solamente parziale, avrebbe invece garantito i soggetti vulnerabili, rimanendo intatta la punibilità degli omicidi perpetrati in danno dei soggetti indicati al comma III.

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